Dopo lo slow food anche lo slow movement? Il movimento lento?

No, non stiamo parlando di un elogio alla lentezza come la canzone del gruppo Radici nel Cemento, ma di un modo semplice per stare meglio e aiutare il vostro fisioterapista, osteopata, medico o altra figura a localizzare meglio la sede e l’origine del vostro disturbo.

Secondo un algoritmo che prende il nome di “legge di Weber Fechner” dagli scienziati che lo hanno elaborato, muoversi lentamente significa percepire meglio le sensazioni associate al movimento. Muoversi lentamente infatti significa per esempio porre maggiore attenzione e concentrazione rispetto a quando lo si fa velocemente. Usando un’altra analogia è più facile capire quando la velocità di una macchina passa da 1 a 5 Km/h piuttosto che quando passa da 100 a 105 km/h. Nel contesto del movimento tutto ciò significa che, più ci muoviamo lentamente e tranquillamente più ci è facile percepire maggior tensione o eccesso di fatica nel farlo.

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Non solo, muoversi lentamente significa reclutare unità motorie con meno fibre muscolari che hanno un maggior controllo. Movimenti più veloci e potenti reclutano unità motorie più grandi ma meno precise. Quando ci si muove in maniera più lenta si migliora quindi anche il controllo posturale.

Il nostro cervello ha bisogno di percepire delle sensazioni diverse, di percepire differenti gradi di tensione per poter mettere in atto le necessarie correzioni. Per esempio, se volete ridurre l’eccesso di tensione alle vostre spalle dovete essere in grado di percepire le differenza tra molta o poca tensione! In parole povere dovete avere maggior consapevolezza del vostro corpo e del modo in cui questo si muove.

Ok, dopo tutte queste belle parole come è possibile aiutare la figura che si sta occupando del vostro dolore o inabilità temporanea nel movimento?

Semplice, dovete provare a svolgere tutte le attività che svolgete quotidianamente o che vi causano dolore ma in maniera molto lenta così da percepire il momento in cui subentra la tensione o uno sforzo maggiore nel continuare.

Ascoltate meglio il vostro corpo e annotate ciò che vi dice. Oltre ad aver fatto già qualcosa per aiutarlo potrete poi riferire tutte le differenze a chi si prende cura di voi.

Siate tartaruga a volte e non coniglio!

Bibliografia:

  • A guide to better movement – Todd Hargrove
  • Neurophysiological Basis of Movement –  Di Mark L. Latash

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